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Тексты песен » все песни » зарубежные » на букву: V » Vera

Текст песни Vera (Spartiti) с переводом

2016 язык: итальянский
90
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12:56
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Песня Vera группы Spartiti из альбома Austerità была записана в 2016 году лейблом Woodworm, язык песни итальянский, ниже вы найдете ее перевод на русском языке, песня исполняется в жанре иностранный рок, вы можете слушать ее, изучить слова или скачать текст бесплатно, прокомментировать, как саму песню так и смысл который она в себе несет.
исполнитель:
Spartiti
альбом:
Austerità
лейбл:
Woodworm
жанр:
Иностранный рок

Ottobre 1985.

Aspirante geometra con l’esame di maturità alle porte mi godo finalmente il mio

movimento.

Il movimento studentesco dell'85 fu effettivamente degno di quel periodo e per

me a pensarci bene non ci fu poi 'sto granché da godere.

Del resto del '68, del '77 e perfino della Pantera ne parlano ancora tutti,

dell'85 nessuno.

A metà del decennio il riflusso stava travolgendo qualunque fermento:

il Partito Comunista di Natta agonizzava, i gruppetti dell’ultra-sinistra si

erano disgregati o sciolti i Duran Duran stavano primi in classifica e Craxi

era all’apice della sua epopea e si conviveva con il Caf, la Milano da bere e

tutto il resto.

Da questo nulla si manifestò il movimento studentesco più depoliticizzato della

storia del nostro sistema solare.

Ricordo le parole d’ordine di assemblee roventi e piene di spleen

rivoluzionario: Dateci la scala antincendio, l’interrogazione programmata e il

distributore di Coca Cola.

Definire il movimento dell'85 un movimento degno di menzione è come dire che in

Centrafrica rimpiangono Bokassa.

Siccome la mia breve esperienza politica nacque anche grazie a quel movimento

potete immaginare con che invidia guardi le manifestazioni di oggi,

piene come sono di falci, martelli e Che Guevara dappertutto.

Mentre sto scrivendo un volantino che non facesse capire ai miei colleghi

studenti che il collettivo aveva perfino qualche militante di sinistra al suo

interno, una cosa considerata troppo di parte e pericolosa per gli obiettivi

ambiziosissimi da raggiungere, tipo un bagno nuovo o una palestra con le docce,

suona il telefono di casa.

Pronto"

Ciao, sei Massimiliano?"

Certo e tu chi sei?"

Ciao io sono la Vera."

Non conosco nessuna Vera.

Ma si dai sono Vera.

Non ti ricordi la gita?"

Gita de che?

Eppure il nome Vera dovrebbe ricordarmi qualcosa, non è un nome comune.

No, scusa non mi ricordo".

Ma dai, la gita in Austria!"

Scusa Vera, ma di che classe sei?"

No, non facevo la tua scuola"

E allora come hai potuto fare la gita con noi?"

Sono Vera, la figlia di Cairoli!"

Oh mamma-Marx-Lenin-Mao-tse-tung!

E' la figlia del mio professore di scienze delle costruzioni!

Ma c’eri anche tu in gita?

Ma quanti anni hai?"

Adesso quattordici, faccio la prima ragioneria".

Ero maggiorenne da poco, stavo scoprendo che il movimento degli studenti

serviva più che altro a tentare di rimorchiare qualche ragazza potenzialmente

interessata ad infatuarsi di improbabili capetti studenteschi e mi telefona a

casa una primina mocciosissima di cui non ricordo la faccia e perdipiù figlia

del mio professore di scienza delle costruzioni.

Cerco di capire cosa vuole da me.

Ti ho fatto delle foto in gita e volevo dartele"

Va bene dai, domattina, davanti a scuola portamele Ciao".

Ma che sfiga oh, ma chi è sta qui, la figlia di Cairoli, ma che cosa terribile.

E' vero che in gita c’eran le figlie dei professori ma mi pare fossero davvero

inguardabili.

La mattina dopo Vera mi si para davanti e ai miei occhi è un cesso epocale.

Erano occhi stupidi in realtà perché sotto degli occhialoni da incubo e una

faccina smunta c’era un vago accenno di bella ragazza in divenire,

ma io non avevo tempo nemmeno di immaginarmela e pensarci su meglio.

Troppo piccola, troppo occhialuta, troppo invadente e troppo figlia di suo

padre che avevo poco da spartire con quell’ingegnere dalle ciglia folte oltre

ogni ragionevolezza e simpatie politiche tutt’altro che interessanti.

Democristianissimo era il classico docente con un’attività professionale

altrove, un insegnante freddo e secondo me anche un po' fesso.

Come sua figlia insomma.

Le foto della gita che mi mostra sono belle: in una dormo, nell’altra sembro

molto figo.

Aveva del tempo da perdere questa tredicenne, strano che nemmeno mi sono

accorto che mi guardava.

Vabbè, le foto le ho, ti saluto.

Ciao".

Che mi frega a me delle devastazioni ormonali di una cinnazza.

Non mi passa nemmeno per la testa che questa bimba debba aver fatto uno sforzo

colossale per trovare la forza di cercarmi.

Oggi capirei, allora disprezzai.

Povera piccola.

Ma l’amore sconfitto di un’adolescente è una cosa difficile da debellare senza

morti, feriti e contusi.

Questa primina non mi piace, è imbarazzante, invadente sono un promettente

leader studentesco della mia scuola ho faticato come una bestia per prendere un

seggio al consiglio di istituto in un ambiente pieno di spocchiosetti cattolici

organizzati da un simpatico boss della curia poi diventato famoso.

Ai tempi monsignor Ruini era ancora un misconosciuto prete anticomunista

reggiano.

E solo oggi mi rendo conto che il nostro avversario non era poi così

sprovveduto come noi teorizzavamo: potere della sottovalutazione.

Insomma, io avevo da pensare a come sconfiggere gli Studenti democratici di

Azione Cattolica, come convincere quel baciapile del preside a darci una

palestra adeguata e soprattutto a come conquistare le meravigliose comunistelle

del liceo Moro, le più belline che c’erano con le loro kefiah rosse e nere.

Non avevo tempo per questa Vera, bruttissima figlia di un mio professore.

Per qualche settimana Vera mi fa la posta, mi chiama ogni giorno,

mi aspetta all’uscita di scuola.

Nessuno sa che è la figlia del prof, e meno male ma io me la devo togliere di

dosso questa scassacazzi.

Incarico una compagna di scuola di eliminarla.

Si spaccia per la mia ragazza, la chiama; lei abbozza, ma la mattina dopo

mentre incateno il mio nuovissimo Peugeot 103 rosso fiammante mi arriva alle

spalle e agguerrita mi insulta.

Non eri capace di mandarmi a quel paese da solo invece di farlo fare da una che

tanto lo so che è la morosa di un altro e non la tua?"

Colpito e affondato mi scuso e la prego di sparire dalla mia vita.

Vera si adegua, ma solo dopo la minaccia di venire sputtanata con il suo

genitore all’antica.

La paura di tale evento la fa impallidire ancora di più e finalmente evapora.

A primavera il movimento dell'85 (adesso '86) è già finito, la maturità sta per

arrivare, la Falcucci buonanima è sempre ministro e io rispondo al telefono

convinto che sia Cinzia, una di quelle comunistelle del liceo Moro che contro

ogni pronostico sta per diventare la mia prima fidanzata seria.

Invece è di nuovo Vera.

Oh ma cosa vuoi"?

Buono ho bisogno di un favore"

Dimmi"

Senti io adesso sto con uno ma mi tratta male, mi snobba e io devo fargli

capire che io posso avere dei ragazzi più grandi e più interessanti di lui,

domattina quindi mi vieni a prendere alla fermata del tram e fai la parte di

uno che mi vuole"

Io trasecolo: sto per fidanzarmi con la più bella dello scientifico e mi devo

prestare a questi giochetti da quattordicenne andreottiana?

Non se ne parla proprio.

Dai fammi sto favore e non ti disturbo più e ti prometto che alle prossime

elezioni scolastiche voto la lista di sinistra anziché i tuoi odiatissimi

Studenti democratici".

La seconda promessa, un voto cattolico strappato alla reazione in favore del

socialismo, mi commuove.

Ok ragazza, domattino alle sette e tre quarti alla fermata"ma mentre lo dico mi

si accende una scritta luminosa in fronte: sono il genio del male!

Pol Pot è un dilettante al confronto, Enver Hoxha e Kim Il Sung vengono a

lezione da me nel doposcuola.

Parlando con la poveretta infatti mi sovviene che quella mattina il mio compito

in classe di scienze delle costruzioni è andato da schifo.

Il muro di sostegno che ho progettato non starebbe in piedi nemmeno a gravità

zero e il voto insufficiente che mi aspetta macchierà una media non si sa come

e perché ancora intorno al sette nonostante decine, centinaia, migliaia di ore

di assenza.

I compagni devono distinguersi anche per la brillantezza dei loro risultati

accademici.

Com’era il testo del compito?

Ho la brutta copia qui nella borsa.

Lo rifaccio e alla mattina vado a fare la mia parte.

Dopo avere finto di apprezzare la ragazzetta andiamo a berci un caffè;

è raggiante, il tizio ha visto tutto ed è furioso.

Lei mi dice la frase che aspettavo:

Chiedimi quello che vuoi che ti ricambio il favore"

Ecco cara, ti dico subito.

Ieri mattina ho scazzato il compito in classe che ci ha dato tuo padre,

l’ho rifatto a casa e saresti così carina da sostituire questo protocollo

giusto con quello sbagliato che avrai a casa in qualche cassetto?"

Vera sta per svenire.

Non si aspettava una carognata così.

Il babbo si fida di lei, è un tradimento troppo grosso.

Anche il mio cinque in pagella è troppo grosso bambina, cambia sto foglio,

ci metti un secondo e non ne parliamo più".

Vera piange, io insisto, minaccio, impaurisco la primina coraggiosa fino a

quando, affranta, cede.

Il giorno dopo sento la sua voce al telefono per l’ultima volta.

Ha fatto il suo dovere.

Anche Lenin sarebbe d’accordo, sono un compagno e ho l’obbligo morale di

prendere un voto decente.

Qualunque mezzo va bene.

Dopo tre settimane scopro che il muro di sostegno sta su perfettamente e mi

porto a casa un sette e mezzo che sistema la media.

Prof, ho sopportato quel cofano di tua figlia, me lo sono meritato.

La mia vicina di banco Elvira, che aveva copiato il mio elaborato di sana

pianta, prende cinque meno.

Il conto non torna e comincia ad urlare.

Professore, professore, io ho fatto il compito uguale a lui, perché m’ha dato

cinque?"

Guardi signorina, lei è sicura?"

Sono sicura, ho copiato!"

Ecco, brava, allora copi meglio la prossima volta".

Elvira poi mi avrebbe domandato per secoli e secoli come sia stato possibile

rifare riga per riga il mio compito e alla fine trovarsi il mio perfetto e il

suo triste come un salice.

Anche Elvira era cattolica ma al miracolo si è sempre ostinata a non credere

nonostante i miei maldestri tentativi di rinsaldare la sua fede.

Molti anni dopo questi eventi ho visto il film Paz su Andrea Pazienza e i suoi

personaggi: Zanardi, in quel giorno del 1986, mi faceva una sega.

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