E sono dentro al club
Il buttafuori del locale con il compito di sorvegliare si
Si precipita a guardare il tavolino a bordo pista sul
Sul quale io e una mia collega stavamo disegnando, ci facevamo un personal di
visuals sul dj set di Luke Vibert. Il buttafuori che pensava di scoprire noi
dietro a delle strisce tuttavia sorrise nel vedere che era solo inchiostro,
lui alla fine è un pacioccone, noi dall’inizio fuori contesto, ma per questo
ancora più dentro. Il disegno è un linguaggio analogo al parlare,
va sottoposto al giogo del talento, e vi ricordo che molte volte sono il segno
e la parola che creano i contesti ed i momenti giusti, non il contrario,
anche se sembra strano sentire qualcuno che parla quando la musica è alta ed
una persona che disegna in un locale è meno normale e più improbabile di un
cocainico. Le persone che disegnano in un certo modo smettono di disegnare
quando vengono occupate da alcune droghe o quando vengono distratte o quando
stanno poco bene; quando poi escono da questa condizione statica
automaticamente ricominciano una produzione fluente di disegni giornialieri in
quantità pantagrueliche: disegni di una ricchezza mai vista prima.
Alcuni escono da quelle trappole che si etero o si autocostruiscono senza
bisogno di dottrina, no, non è uno sfogo come dice il tuo psicologo interiore:
è una scoperta, è una piccola parte di universo che fluisce sulla carta da una
penna e io potrei anche fare del disegno il mio mestiere, ma che cosa poi farei
pagare a dei clienti? Potrei fare delle mostre e vendere i miei quadri,
ma il valore di un disegno è quello che mi fa vedere o che fa vedere a te che
vedi, come lo quantifico? E poi saranno fatti tuoi di ciò che vedi,
faccio pagare giusto la carta su cui stampo e poco altro. Il fatto che sia io
che un illustratore entrambi produciamo elaborati disegnati non significa che
facciamo la stessa cosa: io non vendo ciò che non so cosa sia, ossia il talento.
Il talento. Fare le rime, fare rime. Dai, magari salto qualche rima per
spiegarmi meglio, però in questo disco di rime ne ho messe, quindi la scusa che
non è rap perché non ci sono rime stavolta salta, tocca trovarne un’altra,
quindi perché non è rap questo? Cosa non so fare io perché qualcuno si decida
a non accludermi a una categoria nella quale essere o non essere accluso mi fa
differenza solo a livello di gag? Risposta retorica: niente. Posso fare ed
imparare tutto, quando voglio, un MC fa finta di ascoltarmi e poi mi dice: «Hey cazzo, non vai a tempo, una sola cosa devi fare, solo una: ANDARE — A —
TEMPO!» Ecco, è tempo che si sappia che il tempo non è sabbia, ma si sposta
come seppia in acqua con una volontà che non capisci con velocità,
perché lo stile — il tuo stile — è una gabbia e tu, gabbiano, abbai come un
alano alla catena se un randagio passa adagio adagio dal cancello,
ricordando che non è il tuo territorio: si tratta della tua galera.
Trovati una batteria e no, non impara, semplicemente suona; io vado a tempo ed
il mio tempo varia mentre al rap in una cella a 4/4 è sufficiente un’ora d’aria
in cui si giocano gli sport di squadra: pallavolo, oppallalai, iaaaa
lalala-lala obbiezione di incoscienza come Morgendorffer Daria; e cosa c'è
dentro 'sta scatola? C'è la voglia di tendere al modello, di essere un modello,
dell’aver capacità di dire ad altri «no, non quello, QUEL modello!».
Il tendere a raggiungere il perfetto dei pittori di botteghe nel Rinascimento,
il talento è l’assomigliare e riprodurre il bello cambiandogli l’accento?
Cosicché chi non ha quel dono possa assimilare e disporre qualità di un altro
come fosse arreda-mento per un apparta-mento? A parte che chi non ha talento
non potrebbe riconoscerlo perché non ne ha, ma questa è logica e non mi piace
troppo, come non piace ai fruitori di talenti altrui mangiare cibo che non gli
sia già stato cotto: e se si mostrasse un talento crudo e sporco che non fosse
sottoposto a quel proposito, ma che sottoponesse ogni proposito alla visione
del multi-causa e del valore composito? Eh? Che cosa ho detto? Ho detto che io
non devo tutto al mio talento, al massimo a me stesso e neanche questo;
il fatto che io non devo, non devo niente, niente debiti, cos'è sta storia che
anche l’azione del creare in disegno in oratoria venga sottoposto ad un
ennesima recondita azione creditoria? Il talento è ciò che forza ad un creare
lento, ad un creare meno, e quello scoglio a cui si appiglia l’art director,
il fruitorato, nell’impedirti la partenza per un viaggio nell’ignoto.
Il talento in me nasce e muore dentro nello spazio di un momento e si vuol
differenziare fino allo sparire per non esser tale e quale a quel suono di
campane che non sono mai due sole, ma si dice di dover sentire entrambe se si
vuol capire, se lo volessi dire direi che il mio talento è uno sguardo,
un incanto fisso su ciò che non si può capire, è un lago nero in cui ogni
tanto emergono le salme dei talenti altrui, è un gorgo oscuro che non mostro
perché se no mi chiameresti mostro perché rovinerebbe irrimediabilmente il tuo
giochetto del talento, che io rispetto anche se non mi piace affatto.
Smettila di dire «genio» nella speranza che un qualche tale untuoso esca da
una lampada e esaudisca un desiderio, tu commisura bene il desiderio e ti si
accenderanno lampadine in testa che accecheranno il genio, che riscriveranno il
Nuncius Sidereus, scoprirai l’arte del nunchaku come il processo siderurgico
funereo, laverai i piatti e i piani di cottura con lo stesso intuito che spinge
al settimo senso un Cavaliere dello Zodiaco
Ripulirsi dal talento
Le conferme fanno tornare indietro
Non prerequisiti, solo quesiti
Lunga vita alla vita, cos'è? Chi lo sa? Osar dire, ardire, serpentine nella
concettualità, sofisma, ma che fisima! Infinitesimo loco, ritrovo, loculo,
ritornello nello spazio strafico-la la la la la. Meriti una punizione figlio!
Ma mamma, la maestra ha detto che il merito è bello e la punizione no ed io so
distinguere ciò che è bello e ciò che è bello no, non è che… boh.
Esangue sul pavimento il cervello trottava sulle piastrelle con sentimento,
il padre morendo dentro, come se ci fosse un fuori… si schermì il volto
ridendo, ritentò piangendo ma ripensando il tempo trascorso vivendo la vita
avvilita nel suo compendio rise e derise le lise categorie ora, recise ed
uccise e decise per antinomie, una morte era BEN FATTO! Una vita, cazzo fai?
Se noti l’interpunzione sai non si vuole interpolazione tra i significati mai
ma ormai le orme che ha mai ha mai di strati stratificati. La sala vuota,
il cadavere, il figlio, il padre, il figlio-ricami dalla gola in esilio,
esizio estrinseco ve relazione relatore, relatore di interrelazioni in nome
posta giaciglio, giacquero nel medesimo talamo colpe e merito supini a
consumazione ultimata il pasto famelico in data da destinarsi può darsi si avrà
di che crogiolarsi arsi arsi arsi arsi
TanyaRADA пишет:
- спасибо! От Души!!! ( Улыбаюсь...)все так!!!Liza пишет:
Любимая песня моей мамы